«Cinquanta capifamiglia, di Ollolai, sono disoccupati da capo a piedi, chiedono lavoro con arroganza e s’invocano a me Sindaco in modo ossessivo, e ho paura che mi mangino; i restanti duemila cittadini, poveri loro, come sempre; e litigano per cose che soltanto a chi sta bene, molto bene, possono sembrare sciocchezze; presso il bacino medio del Taloro, in territorio di Ollolai, l’Ente Nazionale di Elettricità (ENEL) con pretesti robadapazzi o anche senza pretesti, non ha voluto e non vuole assumere neppure uno dei miei concittadini.
Nel paese di Ollolai, per natura il più bello dell’Isola, a 1000 metri sul mare, già sede della più nota Civitates Barbariae e centro di questa originale civiltà sarda che generò il Giudicato di Arborea e via via gli altri Giudicati, nel paese di Ollolai, dico, invano panoramico e ossigenoso centro della Sardegna, che nel nostro cuore è al centro dell’universo, in un territorio invano ricchissimo di sorgenti, nel caro e infelice paese di Ollolai, si attende che l’impresario di Urzulei ripari le cadenti scuole elementari - di recente costruzione ma cadenti e ghiacciate nei lunghi inverni, ottime per conservare prodotti di macelleria, non bambini vivi malvestiti e mal nutriti - con impazienza pari alla secolare pazienza del passato si attende l’inizio dei lavori per l’acquedotto e per la fognatura, inutilmente o per incomprensibile beffa progettati e approvati e finanziati, e tuttavia inesistenti e chissà quando sarà; intanto neppure i più volenterosi pronipoti di Ospitone possono lavarsi le ginocchia nel bagno, quanto al resto, i bisogni dico, una cosa molto seria, li fanno all’antica, come forse l’antico Re Ospitone, per boschi mondezzai, cortili. Nel bellissimo paese di Ollolai un febbraio tutto di neve e di gelo e il seguente marzo pieno di tempeste hanno distrutto strade e muretti e messo in pericolo numerose malequilibrate abitazioni di povera gente e io non so che farci perché l’Assessorato agli Enti Locali, a cui abbiamo indirizzato un’accorata invocazione, se ne infischia, nell’identico stile con cui se ne strafotte e dimostra la più meravigliosa indifferenza del mondo l’Assessorato all’Agricoltura, a cui abbiamo telegrafato aiuto SOS aiuto per il nostro bestiame sotto la neve e nulla, come dire maledizione ai poveri e agli altri rompiscatole, lasciateci lavorare perché stiamo facendo la rinascita sarda. Per senso di giustizia e di gratitudine sia fatta lode invece al Prefetto di Nuoro, che non è sardo e ha mostrato di avere orecchie e cuore, e sia pure moderatamente non ha ignorato l’ECA di Ollolai, dove si potrebbe sostenere che i prefetti sono ancora meglio degli Enti locali eccetera e che un autonomista come me è costretto dagli eventi a gridare abbasso l’autonomia.
Ebbè, allora non c’è nulla da fare, come dicono i disfattisti, e finiamola di chiamare amministratori i sindaci. È uno stupido scherzo, la miseria non si amministra, il figlio di Barbara, che ha nove anni e pesa tredici chili, io non posso mandarlo all’ospedale di Nuoro, io non posso rifare il tetto né la pericolosa parete di destra alla casa di Battista, l’operaio disoccupato e malato che lava e pettina la moglie paralizzata e in febbraio liberava la cucinaletto dalla neve a corbule per non restarvi sommerso e congelato coi suoi figli, non posso che dare vaghe speranze di lavoro - e del resto sempre più in malafede ormai - a quanti si rivolgono a me, devo inimicarmi gli impiegati del Comune perché non possiamo deliberare certi aumenti che il bilancio non consente. Non posso aiutare gli ammalati e i vecchi senza pensione, non posso inventare lavoro e redditi per questa gente triste, con pensiero alla Germania, seconda patria, che però non vuole più manovali, non vuole più autisti né elettricisti, perché avete voluto imparare un mestiere moderno, giovanotti? Abbiamo un Sindaco professore, dice, bravuomo però buono a nulla, che al massimo si fa due passi da Cagliari a Sassari, a che ci serve questo? Noi vorremmo un sindaco come Ospitone che ci guidasse armati dalla montagna alla pianura e glielo faremmo vedere noi ai mercanti cartaginesi, tanto per un esempio, o bizantini che siano di Oristano e di Cagliari. L’ignoranza dei miei compaesani signori: credono che ci siano ancora bizantini e cartaginesi in Sardegna! Ed è vero.
Ad ogni modo, ragazzi, i tempi della violenza sono finiti, è arrivata la civiltà televisione carne in scatola spazzolini per denti lamette, Barbagia senza barba. Il grande capo Ospitone si è battezzato prima di morire, per consiglio del suo buon amico Gregorio I; Ospitone è morto, la sua tomba deserta sul monte S. Basilio di Ollolai, anche i Giudicati morti, vennero gli spagnoli, ahimè, poi l’impiccatore Carlo Felice, poi gli italiani, Sardegna colonia italiana, poi i sardi, Sardegna colonia sarda.
Ora le tribù della montagna sono come le riserve indiane dei western, e c’è l’agente indiano del Governo, che li frega. E sentite la cosa più triste: ogni indiano di questa riserva sogna di diventare agente del governo. Non c’è altra via di scampo. Per questo chi può manda i figli a studiare, e si dà tante arie aspettando il giorno, mio figlio diplomato, mio figlio laureato, vedrete, vedrete. Non capiscono che ad un certo punto diventeremmo tutti agenti del governo e dovremmo mangiarci fra noi, perché chi non è agente se ne sarà andato in qualche Germania o in qualche Canada o che so io.
La mia proposta in verità sarebbe questa: emigrare in migliaia, cinqueseicento mila, uomini donne e bambini, tutti quelli che non siamo agenti, né ricchi, né amici degli agenti, né amici dei ricchi, e invadere la Francia per esempio, e fondare la Nuova Ollolai e la Nuova Gavoi, a costo di lasciarci chiamare Gavuà e Ollolé. Ma per ora mi limito a protestare contro la Sardegna autonoma, contro il partito sardo a cui è venuta l’infelice idea dell’autonomia, rinascita, etc., contro gli assessorati, contro il governo regionale, contro l’immenso monte di carta che si chiama piano di rinascita, intelligente e bello come una Idea platonica, forse, a poterlo leggere e capire, ma astronomicamente lontano dal mio paese, contro il Castello della Regione, presso la cementeria di Cagliari, contro il suo esercito di impiegati-formica intensamente occupati da un ufficio all’altro per la firma la data il bollo il protocollo a rompicollo attivamente a norma di centinaia di leggi e secondo l’articolo ed il capoverso e la modifica successiva la dinamica la congiuntura la percentuale casistica funzione potenziale effettuale interinale settoriale dosaggio marginale orizzontalità verticalità livello basso altissimo infrastrutturale predeterminazionale quantitavizzazionale e simili sconcezze da soffocare qualunque nascita e rinascita, da far rabbrividire la più calda primavera; protesto, ben si intende, contro l’ENEL, protesto contro tutti i Partiti che esistono solo per preparare e fare le elezioni, quasi semestrali o annuali, e perciò tanto noiose, contro questo tipo di democrazia antidemocratica, contro i giornali, contro le riviste, contro la radio e contro la televisione.
All’insegna di tante vane proteste mi scrivo addosso SINDACO di OLLOLAI avanti e dietro, e inizio una sana marcia a piedi, solo e solitario, da Cagliari e Ollolai (228 km); da Ollolai mi recherò a Sassari, km 142, poi si vedrà.»