I dati sulle dighe

Chi si aspetti di trovare in rete o in letteratura dati dimensionali esatti, certi ed univoci sulle dighe di ritenuta, deve essere avvertito che al più troverà dati attendibili, ma non assolutamente certi e raramente univoci. Misurare una diga, e ancor più un invaso, è una questione tutt'altro che banale. I fattori di incertezza sono molteplici, e riguardano tanto l'attendibilità dei disegni o dei rilievi da cui si evince il dato dimensionale, quanto le convenzioni o le scelte adottate nella misura: se considerare o no un incavo o una trincea della fondazione nella misura dell'altezza complessiva della diga; se considerare come altezza della diga quella riferita al punto più basso della fondazione, quella riferita al fondo dell'alveo o quella riferita al punto più basso dei paramenti; se considerare come volume della diga quello complessivo del materiale posto in opera, oppure il volume esterno (comprendendo eventuali vuoti interni); se mettere in conto nel volume della diga opere accessorie come uno sfioratore laterale, e così via.

Quanto è alta, ad esempio, la diga New Don Pedro sul fiume Tuolumne, in California, una delle più imponenti degli Stati Uniti?

580 piedi (176.8 metri), dice il gestore (e costruttore), il Turlock Irrigation District (TID);

568 piedi (173.1 metri), dice il California Data Exchange Center (CDEC) del Department of Water Resources della California;

585 piedi (178.3 metri), dicono il database della Stanford University - National Performance of Dams Program (NPDP) e l'U.S. National Inventory of Dams del U.S. Army Corps of Engineers (USACE).

Tre dati diversi, tutti peraltro provenienti da fonti autorevoli e corrispondentemente attendibili. Dunque i dati geometrici sulle dighe talora ballano parecchio, e di questo occorre essere consapevoli.

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Convenzioni e classificazioni

Per quanto attiene alle altezze, la convenzione più diffusa nel mondo nel riportare l'altezza di una diga è quella di riferirla al punto più basso della fondazione: l'altezza della diga è dunque il dislivello tra la quota del piano di coronamento (esclusi parapetti ed eventuali muri frangionde) e quella del punto più basso della superficie di fondazione (escluse eventuali sottostrutture di tenuta). E' questa la definizione che in Italia veniva data dal decreto Min. LL.PP. 24 marzo 1982, oggi sostituito dalla nuove Norme tecniche emanate con decreto Min. II.TT. 26 giugno 2014.

Altezza ICOLD
Terminologia sulle dighe riportata sul "Technical Dictionary on Dams" dell'ICOLD, 1978. Si osservi la definizione dell'altezza strutturale nel caso di una diga in materiali sciolti e in quello di una diga muraria: l'approfondimento nella fondazione del nucleo di una diga in materiali sciolti è compreso nell'altezza; non così il taglione di una diga muraria

Anche la definizione di altezza strutturale riportata nel glossario del Bureau of Reclamation degli Stati Uniti (U.S.B.R.) è sostanzialmente coincidente: "L'altezza strutturale di una diga in calcestruzzo è la distanza verticale tra il coronamento della diga e il punto più basso dello scavo di fondazione, escludendo zone di faglia localizzate. L'altezza strutturale di una diga di materiali sciolti è la distanza verticale tra il coronamento del rilevato e il punto più basso dello scavo di fondazione, includendo la trincea principale di immorsamento del nucleo, se presente, ma escludendo piccole trincee o modesti riporti di materiale in fondazione. La quota del coronamento non include maggiori riporti di materiale [riporti oltre la quota di sommità prevista destinati a compensare i prevedibili assestamenti del rilevato, n.d.r.] o il rivestimento e la sagomatura della superficie stradale".

Così definita l'altezza, il criterio attualmente adottato dall'ICOLD per definire una diga "grande", tale quindi da essere inclusa nel Registro Mondiale delle Dighe tenuto dalla stessa ICOLD, è quello di avere un'altezza non inferiore ai 15 metri ovvero un'altezza compresa fra i 5 e i 15 metri ed una capacità del serbatoio di almeno 3˙000˙000 m³.

Il criterio dell'ICOLD sopra descritto è conosciuto e tenuto in conto in tutto il mondo; non per questo è adottato in tutte le legislazioni nazionali, ove si ritrovano criteri di classificazione assai vari (e talora diversi, nel caso di Stati federali, all'interno della stessa nazione). Peraltro, è molto frequente che le legislazioni nazionali classifichino le dighe non solamente sulla base di parametri dimensionali relativi alla diga e al bacino, ma anche (o soprattutto) in base a livelli di rischio derivanti dallo stato delle opere e dalla situazione a valle. E' particolarmente interessante, a questo riguardo, il rapporto finale del gruppo di lavoro insediato dall'ITCOLD (sezione italiana dell'ICOLD) per raccogliere informazioni sui criteri di classificazione delle dighe utilizzati in diversi Paesi: "Classificazione delle dighe - Informazioni sulle esperienze in altri Paesi. Comparazioni, riflessioni".

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La classificazione delle dighe in Italia

La questione della classificazione delle dighe in Italia necessita di una premessa riguardante le definizioni di "altezza" e di "volume di invaso" di una diga.

Come sopra accennato, il decreto Min. LL.PP. 24 marzo 1982 definiva "Altezza della diga" "il dislivello tra la quota del piano di coronamento (esclusi parapetti ed eventuali muri frangionde) e quella del punto più basso della superficie di fondazione (escluse eventuali sottostrutture di tenuta)". Il decreto definiva inoltre "Quota di massimo invaso" "la quota massima a cui può giungere il livello dell'acqua dell'invaso ove si verifichi il più gravoso evento di piena previsto, escluso la sopraelevazione da moto ondoso", e "Volume totale di invaso" "la capacità del serbatoio compresa tra la quota di massimo invaso e la quota minima di fondazione; per le traverse fluviali è il volume compreso tra il profilo di rigurgito più elevato indotto dalla traversa ed il profilo di magra del corso di acqua sbarrato".

La legge 21 ottobre 1994, n. 584, e ancor meglio la successiva circolare P.C.M. 13 dicembre 1995, n. DSTN/2/22806, nel suddividere le competenze tra il Servizio Nazionale Dighe (oggi Direzione Dighe del MIT, competente per le "grandi dighe") e le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano (competenti per le "piccole dighe"), hanno introdotto una definizione di altezza della diga e di volume di invaso "ai fini dell'attribuzione delle competenze": "Con il termine di «altezza» si intende la differenza tra la quota del piano di coronamento, ovvero del ciglio più elevato di sfioro nel caso di traverse prive di coronamento, e quella del punto più depresso dei paramenti da individuare su una delle due linee di intersezione tra paramenti e piano di campagna"; "Con il termine «volume di invaso» si intende la capacità del serbatoio compresa tra la quota più elevata delle soglie sfioranti degli scarichi, o della sommità delle eventuali paratoie (quota di massima regolazione), e la quota del punto più depresso del paramento di monte da individuare sulla linea di intersezione tra detto paramento e piano di campagna".

Altezze caratteristiche
Principali elementi e grandezze di una diga secondo la vigente normativa italiana
Le medesime definizioni sono state confermate dalle nuove "Norme tecniche per la progettazione e la costruzione degli sbarramenti di ritenuta (dighe e traverse)" emanate con decreto Min. II.TT. 26 giugno 2014. Le nuove norme riprendono anche la definizione di "volume totale di invaso" già contenuta nel decreto Min. LL.PP. 24 marzo 1982, ma non quella di "altezza". Dunque la definizione di "altezza della diga" data dal decreto Min. LL.PP. 24 marzo 1982 non sarebbe più vigente nella normativa italiana, in quanto sostituita dalla nuova, introdotta dalla legge n. 584/1994 e confermata dalle nuove Norme tecniche.

Va detto, tuttavia, che se l'altezza di nuova definizione ha il pregio di essere un parametro che consente di stabilire a chi attribuire la competenza sulla diga (Stato o Regioni) anche senza disporre di disegni di consistenza che con certezza attestino la quota del punto più basso della fondazione, ha d'altro canto il non trascurabile difetto di non corrispondere alla definizione dell'altezza strutturale di una diga adottata in tutto il mondo, che è appunto quella riferita al punto più basso della fondazione. Per questo motivo, l'altezza della diga definita dal decreto Min. LL.PP. 24 marzo 1982 rimane in ambito tecnico come parametro significativo, necessario, se non altro, per confrontare l'altezza delle dighe italiane con quella delle dighe di altri Paesi.

Sulla base della vigente (e previgente) normativa italiana, restano quindi definiti:

  • un'altezza della diga ai sensi del decreto del Ministro dei LL.PP. 24 marzo 1982 (riferita al punto più basso della fondazione);
  • un'altezza della diga ai sensi della legge 21 ottobre 1994, n. 584 e del decreto Min. II.TT. 26 giugno 2014 (riferita al punto più basso dei paramenti);
  • un volume totale di invaso (riferito alla quota massima a cui può giungere il livello dell'acqua dell'invaso qualora si verifichi il più gravoso evento di piena previsto);
  • un volume di invaso (riferito alla quota di massima ritenuta).

Con queste premesse, la legge 21 ottobre 1994, n. 584 prevede che rientrino nella competenza del Servizio Nazionale Dighe (oggi Direzione Dighe del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili) "le opere di sbarramento, dighe di ritenuta o traverse che superano 15 metri di altezza o che determinano un volume di invaso superiore a 1˙000˙000 di metri cubi" [c.d. "grandi dighe"]; invece, rientrano nella competenza delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano "gli sbarramenti che non superano i 15 metri di altezza e che determinano un invaso non superiore a 1˙000˙000 di metri cubi [c.d. "piccole dighe"]. Per altezza e volume di invaso si intendono qui, naturalmente, quelli definiti dalla medesima legge 21 ottobre 1994, n. 584.

Ad oggi, la normativa italiana non prevede classificazioni delle dighe di ritenuta basate sul livello di rischio. Si veda il citato rapporto dell'ITCOLD sulla classificazione delle dighe in merito a quanto proposto dal Servizio Nazionale Dighe per introdurre in Italia un criterio di classificazione che contempli anche il "danno potenziale a valle".

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