La storia delle dighe e l'evoluzione delle tipologie

4ª parte - Dighe a gravità alleggerita e dighe a gravità massiccia

Si è lasciata per ultima, in queste pagine dedicate alla storia delle dighe, la tipologia delle dighe a gravità, da sempre la più comune nel campo delle grandi dighe, quantomeno nel mondo occidentale.

Scais

Scais foto
Fig. 46: La diga di Scais, Sondrio, 1939, planimetria generale, prospetto da valle e foto panoramica (MINISTERO LL.PP. 1961).
H = 64,7 m, L = 401 m, V = 9,06 Mm³
Si è detto che le dighe a gravità, in muratura o in calcestruzzo, sono quelle che trattengono la spinta dell'acqua invasata grazie al proprio peso. Nella tecnica si distinguono dighe a gravità massiccia e dighe a gravità alleggerita, essendo queste ultime quelle che presentano dei vani al proprio interno o sul lato di valle (in figura la diga di Scais).

Fino al termine del XIX secolo, le dighe a gravità "alleggerite" sono riconducibili senza eccezioni alla tipologia del muraglione con contrafforti, di cui si hanno esempi risalenti all'antica Roma. Ai già citati casi delle dighe spagnole di Esparragalejo e Almonacid de la Cuba possono aggiungersi, tra gli altri, quelli delle piccole dighe di Iturranduz e Araya in Spagna e di Olisipo in Portogallo.

Ontígola
Fig. 47: La diga di Ontígola (o anche, in passato, Antígola), Spagna, 1572, in una stampa del 1832 (per cortesia della Biblioteca Nacional de España).
H = 10,3 m, L = 140 m, V = 1 Mm³ (capacità originaria)


Ontígola (sezioni)
Fig. 48: La travagliata costruzione della diga di Ontígola, in Spagna (sulla cui geometria e consistenza, qui ricostruita sulla base delle informazioni (...)
Con la caduta dell'Impero Romano, in Europa il concetto della diga con contrafforti fu sostanzialmente perduto. In letteratura si riporta la sola eccezione della diga di Ereruyk (o Yereruyk), in Armenia, risalente al V-VI secolo, non distante dalle rovine di una importante basilica paleocristiana. Si dovette aspettare circa un millennio per veder rinascere, nella Spagna di Filippo II, la tipologia delle dighe con contrafforti. A questo periodo risale la diga di Ontígola (1573), realizzata per irrigare i giardini reali di Aranjuez, nella quale tuttavia i contrafforti rappresentarono un elemento di supporto applicato a posteriori, per rinforzare uno sbarramento originariamente formato da un terrapieno contenuto, a monte e a valle, da semplici muri di sostegno in muratura di pietrame (fig. 48). Allo stesso periodo, verosimilmente agli anni 1565-70, risale la costruzione della diga di Casillas II (8,70 metri), interamente in muratura di pietrame, formata da due tratti rettilinei il maggiore dei quali provvisto di contrafforti, e la diga della Albuhera de San Jorge (11 metri), pure in muratura di pietrame, la cui costruzione parrebbe essere iniziata nel 1572 e terminata dopo oltre un secolo (FERNÁNDEZ ORDÓÑEZ et al. 1985).

Fu comunque nel XVIII secolo che in Spagna, e nelle colonie spagnole del centro e sud America, si ebbe una grande diffusione delle dighe con contrafforti, in quanto razionale alternativa, per altezze di ritenuta piuttosto contenute, alle ciclopiche dighe a gravità massiccia dell'epoca. Fra le più ragguardevoli (poco meno o sopra i 20 metri di altezza), quelle di Albuhera de Feria (originariamente 18 metri, Spagna, vedi fig. 49), San Blas (24 m, Messico), Los Arquitos (18 m, Messico). In Francia fu costruita tra il 1777 ed il 1781 la diga di Lampy (16 m).

Albuhera de Feria
Fig. 49: Schema dei rialzi successivi della diga di Albuhera de Feria, in Spagna (qui in un'immagine del sito Región Digital). La diga, terminata nel 1747 e (...)

Gros-Bois e Pont (Torricelli)
Fig. 50: Le dighe francesi di Gros-Bois, 1838, e Pont, 1883 (TORRICELLI et al. 1886).
Gros-Bois: H = 28,3 m, L = 549,65 m, V = 9,2 Mm³
Pont: H = 26,5 m, L = 150,89 m, V = 5,3 Mm³
La moratoria nella costruzione di grandi invasi seguita, in Spagna, al disastro della seconda diga di Puentes nel 1802, riguardò, naturalmente, anche le dighe a gravità con contrafforti. Così in Europa, nel XIX secolo, il primato nella costruzione delle dighe, di questa come di altre tipologie, passò alla Francia. Sono degni di nota, in particolare, i casi delle dighe di Tillot (1834, 20 m), Chazilly (1837, 25,6 m), Gros-Bois (1838, 28,3 m) e Pont (1883, 26,5 m).

Stony Gorge
Fig. 51: La diga di Stony Gorge, California, USA, 1928 (fonte: U.S. Library of Congress).
H = 42,4 m, L = 265 m, V = 62 Mm³


Stony Gorge (disegni)
Fig. 52: Disegni della diga di Stony Gorge (USBR 1938). Si osserva nelle sezioni trasversali la forte inclinazione del paramento di monte, finalizzata a utilizzare il peso dell'acqua per favorire la stabilità della struttura alleggerita.
Nel XX secolo, grazie all'aumentata resistenza dei materiali e alla fiducia (talora anche eccessiva) dei progettisti sulla durabilità del calcestruzzo armato in condizioni severe di esercizio quali possono essere quelle di una diga di ritenuta, le dighe a gravità alleggerita si sono diffuse in tutto il mondo presentandosi in numerosissime varianti che non è possibile qui esaminare nel dettaglio. In molti casi, e particolarmente nel caso più estremo delle dighe a solette di calcestruzzo armato sostenute da contrafforti, il grado di alleggerimento è tale che la stabilità dell'opera viene conseguita in virtù non solo del peso della struttura, ma anche del peso dell'acqua sovrastante al paramento di monte, appositamente inclinato rispetto alla verticale (in figura la diga di Stony Gorge, in California). L'espediente di chiamare l'acqua invasata ad appesantire la diga è anche caratteristico di molte dighe a volte multiple, soprattutto nel caso delle più leggere, in cemento armato, caratterizzate da sezioni alquanto sottili delle volte e dei contrafforti. Del resto, la categoria delle dighe a volte multiple e quella delle dighe a solette sostenute da contrafforti condividono sostanzialmente la stessa filosofia progettuale: quella di formare lo sbarramento con elementi resistenti di sezione relativamente sottile grazie all'espediente di realizzare delle "spalle intermedie" ravvicinate costituite dai contrafforti. E trattandosi comunque di strutture fortemente alleggerite, è chiaro come possa rendersi necessario, in molti casi, far conto sul peso dell'acqua per la stabilità dell'opera.

Venendo infine alle dighe massicce, di cui comunque, nel corso della storia, le dighe a contrafforti hanno rappresentato una variante tutt'altro che infrequente, abbiamo avuto modo di osservare più volte come anticamente il loro dimensionamento avvenisse secondo criteri empirici, e ciò dava luogo a sezioni trasversali ampiamente sovrabbondanti, rispetto agli attuali standard; il materiale impiegato era sicuramente molto più di quanto sarebbe stato strettamente necessario. Comunque, a dimostrazione della veridicità del detto latino "melius est abundare quam deficere", alcune di queste dighe sono giunte fino a noi in eccellente stato di conservazione. Le più maestose si trovano in Spagna. La Spagna, ancora nell'800, nonostante la sciagura di Puentes, era considerata forse il paese più evoluto d'Europa per quanto attiene alle opere di accumulo e di irrigazione; sono ben noti, nella letteratura di settore, i resoconti dei viaggi di studio compiuti in Spagna da M. Aymard su incarico del Governo francese e da G. Torricelli e G. Zoppi su incarico di quello italiano (cfr. AYMARD 1864 e TORRICELLI et al. 1888).

Sezioni dighe spagnole
Fig. 53: Raffronto fra le sezioni maestre di alcune dighe murarie a gravità massiccia costruite in Spagna in epoche diverse (TORRICELLI et al. 1888). Si osserva come le sezioni massicce e sovrabbondanti che avevano caratterizzato le dighe realizzate fino alla prema metà dell'800 (dighe di Alicante, Puentes II, Nijar e Lozoya), sul finire del secolo XIX vengano abbandonate, e subentrino sezioni più razionali e simili a quelle delle odierne dighe a gravità (dighe di Villar, Puentes III e Hijar).
La fig. 53 riporta e confronta le sezioni maestre di alcune grandi dighe spagnole citate nel rapporto degli Ingg. Torricelli e Zoppi, evidenziando come alle sezioni tozze e sovrabbondanti in uso fino alla metà dell'800 siano poi seguite sezioni più moderne e razionali. Sugli sviluppi della tecnica costruttiva e progettuale che resero possibile questa evoluzione nelle dighe a gravità massicce si riferirà nelle pagine successive.

Alicante (Llauradò)
Fig. 54: La diga di Alicante (o di Tibi), Spagna, 1594, (LLAURADÓ 1884). Dall'alto e da sinistra: planimetria; sezione verticale lungo l'opera di presa; sezione verticale lungo lo sghiaiatore; paramento di valle; paramento di monte.
H = 42,7 m (altezza fuori terra a valle), L = 84 m, C = 3,7 Mm³
La più imponente delle dighe spagnole era senza dubbio la diga di Alicante, conosciuta anche come diga di Tibi, ai suoi tempi la seconda più alta del mondo (46 metri). Era superata solo dalla diga ad arco di Kurit in Iran, di cui già si è detto, ma in Europa, dove la diga di Kurit non era nota, era comune convinzione che la diga di Alicante fosse la più alta mai costruita. Fu realizzata negli anni 1579 - 1594, ed è tutt'ora in esercizio.

Val la pena di accennare alla procedura di sfangamento periodico, minutamente descritta dall'Aymard e dagli italiani Zoppi e Torricelli nei loro resoconti, grazie alla quale questa diga ha potuto restare in esercizio per oltre quattro secoli senza che il bacino si interrisse per l'accumularsi dei sedimenti. La diga è dotata di un ampio scarico di fondo-sghiaiatore che a monte ha una sezione di 1,80 m di larghezza per 2,70 di altezza e si allarga verso valle raggiungendo una sezione di 4,00 x 5,85 m allo sbocco (fig. 55). La ragione di questa conformazione, da un lato è che a monte non si avesse una sezione troppo larga da chiudere usando delle travi di legno, e dall'altro che i sedimenti non tendessero a incastrarsi lungo il condotto, formando un tappo che poi sarebbe stato difficile e pericoloso andare a rompere.

Alicante (particolare)
Fig. 55: Diga di Alicante, sezione lungo lo sghiaiatore e particolare del sistema di chiusura (TORRICELLI et al. 1888).
Lo sghiaiatore era chiuso da una porta costituita da travi di pino squadrate di sezione 0,30 x 0,30 m affiancate verticalmente e calafatate, incastrate in scanalature praticate sulla platea e sulla volta, e da una controporta applicata subito a tergo, costituita da travi di medesima sezione disposte orizzontalmente e incastrate in scanalature praticate nei piedritti. Dietro la controporta si disponevano ancora tre travi verticali puntellate da altre travi inclinate poggianti entro appositi intaccamenti praticati nella platea.

Ad intervalli di tempo che potevano variare fra i quattro e i dodici anni (mai più brevi perché quattro anni era il periodo minimo necessario affinché i sedimenti nel bacino raggiungessero uno spessore e una coesione sufficiente), gli operai penetravano da valle nella galleria di scarico e smontavano i puntelli e le travi della controporta. Non restava allora che la porta, sulla quale veniva praticato un foro per verificare lo stato di coesione del limo. Se la coesione era ritenuta sufficiente, si incominciava a demolire la porta, sempre pronti a scappar via se si notavano movimenti della parete di sedimenti non più contenuta dalle travi della porta. Alla fine, gli operai uscivano dalla galleria e, saliti sul coronamento, prendevano a percuotere la superficie dei depositi con una lunga spranga di ferro appuntita, del peso di mezza tonnellata, appesa a un verricello, allo scopo di praticare un foro nella massa dei sedimenti. Alla fine questa operazione innescava il passaggio dell'acqua attraverso lo sghiaiatore e il trascinamento a valle dei depositi con moto turbinoso e rumorosissimo.

Quando lo sfangamento si faceva dopo un intervallo di tempo di dieci anni o più, la compattezza dei depositi era tale che questi resistevano alla pressione dell'acqua pure quando il foro realizzato con la spranga fosse stato spinto fino alla base del bacino. In questo caso si era obbligati, prima di praticare il foro dall'alto, a scavare con la pala una specie di caverna di uno o due metri di profondità davanti all'imbocco dello sghiaiatore, operazione che oggi non sarebbe certo ritenuta in linea con le norme sulla sicurezza dei lavoratori.

Terminata la fase di evacuazione turbinosa dei sedimenti, la parte che ancora restava nel bacino veniva spalata e scaricata a forza di braccia nella corrente del fiume che provvedeva a convogliarla a valle. Si sceglieva per questa operazione il periodo primaverile, per poter contare su una corrente abbondante anche a bacino vuoto.

Questo regime di spurgo periodico del bacino non era esclusivo della diga di Alicante, ma con modalità simili avveniva in altre dighe della Spagna (Almansa, Elche) e del resto del mondo. E nonostante l'evidente pregiudizio per la sicurezza degli operatori, è questo il segreto del plurisecolare esercizio di molte antiche dighe murarie, insieme con le loro sovrabbondanti (ma rassicuranti) dimensioni.

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